Monologo a tre

Categoria: Teatro Pubblicato: Sabato, 28 Luglio 2012 Scritto da Valeria Consoli

 

MONOLOGO A TRE – Tre voci nordeuropee.

Gertrud Kolmar, Etty Hillesum, Karin Boye

G. Kolmar

Il canto del mare indiano non bagna
le mie Isole Mergui,
che silenziose si levano dal mare della notte
alte, verso un perenne crepuscolo senza tempo.





K. Boye

Come posso dire se la tua voce è bella
So soltanto che mi penetra
E mi fa tremare come una foglia
E mi lacera e mi dirompe.

.
G.Kolmar

Il mio richiamo è leggero, sottile,
tu senti quello che dice, ma comprendi quello che sente?


E. Hillesum

La sorgente di ogni cosa ha da essere la vita stessa….MAI un’altra persona! Molti invece – soprattutto donne – attingono le proprie forze da altri: è l’uomo la loro sorgente, non la vita! Mi sembra un atteggiamento quanto mai distorto e innaturale…

E’ come nel rapporto sessuale… alla fine il grido liberatore rimane sempre chiuso in petto per timidezza. L’amore sembra perfetto allora, e invece rimane una spielerei[1] che gira intorno alle cose essenziali, mentre qualcosa resta bloccato nel profondo di me stessa.

K. Boye
Cosa so della tua pelle e delle tue membra.
Mi scuote soltanto che sono tue,
così che per me non c’è sonno né riposo,
finchè non saranno mie!


G. Kolmar
Il mio sentimento diventava allora una specie di Re Mida capace di trasformare in oro tutto quello che toccava con le sue mani; si levava grande come un sole e indorava ogni stagno, ogni pozzanghera».(14)

E.Hillesum

Julius[2] dice che l’amore per tutti gli uomini è superiore all’amore per un uomo solo: perché l’amore per il singolo è una forma di amore di sé.
Forse, anche la mancanza di donne importanti nel campo della Scienza e dell ‘Arte si spiega così: col fatto che la donna si cerca sempre un uomo solo, a cui trasmettere la propria conoscenza, calore, amore, capacità creativa…la donna cerca l’Uomo e non l’Umanità!

G.Kolmar.
«Per quanto mi riguarda io (...) avrei potuto volentieri dedicarmi alla casa e ai bambini senza troppi rimpianti. Senza, per questo (...) diventare superficiale e piatta. No, queste cose semplici, quotidiane avrebbero assunto per me un significato diverso, più profondo.(...)»(10)


K.Boye

«Si ha un bel parlare dell’ “amore” come di un concetto antiquato e romantico, ma io temo che esista, e che contenga, fin dall’inizio, un elemento di indicibile dolore!

Un uomo è attratto da una donna, una donna da un uomo, e per ogni passo che compiono avvicinandosi, sacrificano una parte di sé; una serie di sconfitte, dove non si aspettavano che vittorie» (13)



G.Kolmar

Perché mi maltrattate?
perché mi deridete?
Perché il mio mondo è piatto, pochi passi in quadrato,
rinchiuso,
pieno di cose senza gloria, modeste, di faccende insignificanti,
riempito dallo sbattere delle scodelle, dal brontolìo della
pentola, dallo sgradevole odore di grasso che si
rosola, del latte che trabocca?

E.Hillesum

Non siamo nient’altro che botti vuote, in cui si sciacqua la storia del mondo!

K.Boye

Sogno spesso di tornare ragazza e di soffrire di un amore infelice. Sai che è invidiabile essere giovani e amare senza speranza, anche se al momento non lo si capisce? Una ragazza giovane crede che ci sia qualcos’altro, una libertà che deve venire con l’amore, un rifugio che troverà nell’uomo che ama, una sorta di calore e di riposo – qualcosa che non esiste! Un amore infelice, che dà quella confortante disperazione di non aver avuto fortuna con la persona amata, ma lasciando la convinzione che altri possano averla avuta, e che esiste, e che si può avere!
(…) Ma un amore felice conduce al vuoto. Non c’è più uno scopo, non c’è che la solitudine; e perché poi dovrebbe esserci qualcos’altro, perché dovrebbe esserci un senso per ciascuno di noi?
G.Kolmar
Perché apro panciute madie di farina, barattoli d'erbe,
grattugio la noce moscata,
trito i cavoli, spremo il succo di limone in una ciotola di
vetro, frullo il tuorlo giallo - dorato in un'azzurra
scodella?...(...)

E. Hillesum

Ho scritto che mi sono confrontata con il ‘dolore dell’umanità’ – questi paroloni mi fanno ancora paura – ma non è del tutto esatto. Mi sento piuttosto come un piccolo campo di battaglia, su cui si combattono i problemi o almeno alcuni problemi del nostro tempo.

 

K.Boye

Io non voglio morire, DEVO...
Non posso più vivere, rendo tutti infelici!

 


Musica tratta da Film blu del regista polacco Kieslowskji e composta dal musicista Andrew Zbygnew.

G.Kolmar

' Quelli che s'aggirano qui sono corpi soltanto,
non hanno più anima,
soltanto nomi nel registro dello scrivano,
carcerati: uomini, ragazzi, donne,

e i loro occhi fissano vuoti
con lo sguardo sbriciolato, distrutto
per ore in una fossa buia,
soffocati, calpestati, picchiati alla cieca
il loro gemito tormentoso, il loro pazzo terrore,
una bestia, sulle mani e sui piedi, carponi..(

E.Hillesum

Basta che esista una sola persona, degna di essere chiamata tale, per poter credere negli uomini e nell’umanità! Se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco merita di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui, non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero!.


K.Boye

Ho sognato spade stanotte.
Ho sognato battaglia stanotte.
Ho sognato che lottavo al tuo fianco
Armata e forte.

Lampegggiava forte dalla tua mano,
e i Troll (17) cadevano ai tuoi piedi.
La nostra schiera serrava le file e cantava
Nella minaccia di tenebre silenziose.

Ho sognato sangue stanotte.
Ho sognato morte stanotte.
Ho sognato che cadevo al tuo fianco
Con ferite mortali, stanotte.

Tu non notavi affatto che io cadevo.
La tua bocca era seria.
Con la mano ferma tenevi lo scudo
E andavi diritta per la tua strada

Ho sognato fuoco stanotte.
Ho sognato rose stanotte.
Ho sognato che la mia morte era bella, e buona..
Così ho sognato stanotte.(18)

 

E.Hillesum - Paura di vivere su tutta la linea. Cedimento completo. Mancanza di fiducia in me stessa. Repulsione. PAURA
Ora lo so. Non darò più fastidio con le mie paure, non sarò amareggiata se altri non capiranno cos’è in gioco per noi ebrei. Una sicurezza non sarà corrosa o indebolita dall’altra.
Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato. VORREI ESSERE UN BALSAMO PER MOLTE FERITE.


(v.f.c.) – Gertrud Kolmar termina il suo diario nel novembre del 1942. Da allora di lei non si hanno più notizie. Si pensa sia morta ad Auschwitz dopo una retata della Gestapo nella Spyererstrasse a Berlino.


(v.f.c.) - Etty Hillesum verrà deportata a Westerbork, sul confine tedesco. Pur potendosi salvare, rifiuta di farlo. Muore a soli 29 anni ad Auschwitz il 30 Novembre 1943 insieme ai genitori ed al fratello Misha. Il fratello Jaap, sopravvissuto, morirà mentre tornava in Olanda.




(v.f.c.) – 23 aprile 1941. I nazisti invadono la Grecia. Raggiunta ad Alingsas, nei pressi di Goetheborg, dalla notizia dell’invasione del ‘sacro suolo dell’Ellade’ – da lei considerata la culla della civiltà europea - Karin Boye si uccide.



BIBLIOGRAFIA

Gertrud Kolmar

Bibliografia ( nella traduzione dal tedesco di Giuliana Pistoso)
Gertrud Kolmar, Il canto del gallo nero, (selezione di poesie e lettere) con Prefazione di Marina Zancan, Essedue Edizioni, Verona, 1990
Gertrud Kolmar, Susanna, con Prefazione di Marina Zancan, Essedue Edizioni, Verona, 1992
Gertrud Kolmar, La notte di Tiberio ( con Prefazione di Vanda Perretta e Postfazione di Lidia Storoni Mazzolani)


Etty Hillesum

Etty Hillesum, Diario, 1941/1943 (a cura di J.G.Gaarlandt), Adelphi Edizioni, 2005

Etty Hillesum, Lettere,1942/1943 , (a cura di J.G.Gaarlandt), Adelphi Edizioni, 2005

Dall’autunno del Medioevo alle montagne dei Paesi Bassi, Iperborea, 2001 (a cura di Dingenouts, Ferrari, Pignatti)


Karin Boye

. Karin Boye, Kallocaina (traduzione dallo svedese di Barbara Alinei), Milano, Iperborea, 1993

. Karin Boye, da L'altro sguardo: antologia delle poetesse del Novecento, a cura di Guido Davico Bonino e Paola Mastrocola, Milano, Mondadori, 1996


N.B. - Per ulteriori approfondimenti su Gertrud Kolmar e Karin Boye v. sito Internet – Valeria Consoli – Donne e conoscenza storica. Progetto Europa.